Serge Charchoune - 1888-1975

9 Maggio - 30 Giugno 1996

I magici bianchi di Serge Charchoune

Gabriella Di Milia

 

L'esperienza che segna la vita artistica di Sergej Sarsun non è tanto l'iniziazione all'arte d'avanguardia avvenuta nel 1912 a Parigi all'Accademia russa di Marija Vasil'evna e alla Palette, scuola in cui Henry Le Fauconnier insegna la tecnica cubista. Anche altri artisti russi, come Marc Chagall, Ljubov Popova, Aleksandra Ekster e Aleksandr Archipenko, per citarne alcuni, hanno attraversato questo passaggio obbligato, per poi affermare la loro visione.
Dopo la prima guerra mondiale e la rivoluzione russa del 1917, Sarsun aderisce al nichilismo eversivo del dadaismo, che costituisce una rivolta negativa contro ogni valore costituito, trovando in questa ultima voce dell'avanguardia europea un clima corrispondente alla sua condizione di russo déraciné. Non seguì infatti successivamente le proposte surrealista.
Melomane e anche scrittore, Sarsun si sente un "campione di cosmopolitismo, di spaesamento della personalità", come il protagonista stesso del suo romanzo Dolgolikov (L'uomo dal viso lungo),scritto tra il 1918 e il 1934. e pubblicato nel 1961.
In un momento di sospensione di giudizio riguardo gli eventi rivoluzionari bolscevichi ( in seguito se ne dissocerà), il "pittore grafomane", così anche si autodefiniva Sarsun, incontra Tristan Tzara a Parigi, e fonda nell'estate del 1921 il gruppo Palata poètov ( La camerata degli artisti) e organizza al Caffé Camòléon una ventina di serate di lettura poetiche e danze che nascevano dall'osservazione dei movimenti degli animali, ideate da Michail Larionov ed eseguite dal ballerino-poeta Valentin Parnach. Il gruppo di emigrati russi sembra dunque coinvolto in un dadaismo da cabaret, improntato all'eccentricità di numeri da circo, di poesie e prose fonetiche alogiche, dominato da associazioni casuali che si ricollegano al linguaggio zaum (transmentale) della precedente poesia futurista di Aleksej Krucenych.
Poi a Berlino, nel 1922, Sarsun si mette a raccogliere e tradurre testi per la pubblicazione di una antologia dada cosmopolita che avrebbe dovuto riunire poeti tedeschi, russi, francesi.
Rimane un progetto. Fino al 1923, nell'indecisione di tornare o meno in Russia, l'artista fa dell'incertezza, della mancanza di ogni regola, un modo per esaltare la sua situazione di emarginato. Scegliendo infine di stabilirsi a Parigi, caduta l'illusione di poter fondare un non luogo universale di sradicamento, non gli rimane che prendere coscienza della difficile condizione di isolato.
Le tele di Sarsun iniziate verso il 1916 e intitolate Cubismo ornamentale - in cui il termine "ornamentale" indica non un'inclinazione alla decorazione ma una autonomia dei procedimenti formali della pittura - sfociano, nel 1926, in una breve parentesi purista. Ma con i Paesaggi elastici del 1929, i Fiori mistici, sempre del 1929 e l'Impressionismo decorativo del 1930, Charchoune determina una dissoluzione delle immagini, discostandosi definitivamente anche dalle suggestioni meccaniche dei congegni rappresentati negli "elettrici" disegni dell'intermezzo dadaista del 1920-23.
Nel corso degli anni trenta si concentra nel cogliere fenomeni al limite del percepibile che testimoniano come l'adesione all'Antroposofia di Rudolf Steiner, avvenuta nel 1925, sia una pratica mistica della "scienza dello spirito". La sua pittura sembra tesa a catturare l'indecifrabile, cioè ogni movimento che non lascia tracce definitive, come l'energia che fa crescere un fiore o le correnti che differenziano le distese d'acqua; insomma tutte quelle forze vitali, di cui è permeato l'universo, fluttuanti dietro ai fenomeni e che solo l'artista iniziato può vedere e materializzare in vibranti trame.
Così le sue nature morte degli anni quaranta divengono scansioni di elementi animati in contrasti che raggiungono il massimo della rarefazione nei quadri bianchi a cui Charchoune dedicherà il resto della sua esistenza .
Il vasto e significativo corpus di opere dell'artista russo,che Matteo Lorenzelli ha raccolto e presenta , testimonia una singolare e sorprendente ricerca svolta dal 1923 al 1969.
In ogni quadro Charchoune sembra inoltrarsi in sentieri misteriosi, a volte eccitanti e rischiosi, non garantendo una via d'uscita.
Tenta persino, con velature sovrapposte , di trasferire in pittura i ritmi della musica. L'olio su tela dedicato a Niccolò Paganini fa parte di una lunga serie dettata da emozioni sinestetiche.
In quadri come Pergolesi- concertino n.2 (1949) Beethoven IX Simphonie ( 1955-59) e Arpa (et flute ) var.5 del 1961, il bianco si stende su un sottofondo, ora giallo, ora azzurro, ora rosso,che dà il tono al colore coprente.
Tracciati geometrici, per lo più sinosuidali, segnano delicati percorsi a direzione unica, determinati da stratificazioni della materia monocromatica, echi lontani che emergono da un mondo visionario.