Arcangelo: Sarcofago, anfore, tappeti persiani

17 Febbraio - 1 Aprile 2000

L'artista ha realizzato appositamente per gli spazi della galleria una serie di grandi opere. Dieci grandi Tappeti Persiani, dieci Anfore e un Sarcofago. 

L'importanza di questo rientro sulla scena milanese è sottolineato dalla particolare articolazione di questa mostra, pensata e realizzata modulando i vari lavori in relazione al contesto che li ospita ma anche cercando di mantenere intatte suggestioni care all'artista come quella del tema del viaggio tra passato e presente. 

A questo tema l'artista si era avvicinato già due decenni orsono, dando vita a cicli di opere uniche, ricche di poesia e di sospensioni misteriche come: le sculture dedicate agli Altari, alle Navi, alla Mecca; i dipinti dei Misteri, dei Dogon, dei Tappeti Persiani, oggi presenti nelle collezioni dei principali musei europei. 

Nello specifico la creatività di Arcangelo lo porta a lavorare contemporaneamente a pittura, scultura e disegno. La sua attività artistica non si limita quindi a una scelta limitata di materiali da utilizzare. Ciò può dare un'idea della versatilità d'espressione di questo artista e della visione d'insieme che anima in maniera feconda il suo linguaggio. 

Questa mostra presenta infatti lavori diversi, ma allo stesso tempo legati da un filo conduttore che proprio la pittura, come pratica costante e quotidiana e come memoria, ci può rivelare. 
Il lavoro di Arcangelo si può leggere anche come una sorta di rivisitazione della memoria storica delle diverse culture antiche di cui le opere stesse sono eco e testimonianza. 

...Ecco, questo mutamento da una situazione in divenire - in cui si scarica tutta l'energia pittorica di quel momento - a una di solida e immutabile presenza, rappresenta l'interpretazione pittorica più riconoscibile di questi anni della drammatica immagine artaudiana. Non dunque, il in cui si sono bruciate tante esperienze di questo secolo, ma un processo di riaffermazione dell'energia come motore primo dell'esperienza pittorica, e della corporeità fondante - perché necessaria - dell'immagine. Il quadro come campo di energia, dunque: l'energia di chi compie il gesto e l'energia che l'opera deve trasmettere - anche nel momento in cui il creatore scompare - al mondo circostante, fino al punto di mutare lo stesso sguardo dell'osservatore sul mondo.