29 novembre 2007 | 6 gennaio 2008
La mostra "Pittura analitica, una storia italiana 1948-1980" affronta una tendenza artistica che ha rivestito una notevole importanza nel percorso di ricerca intrapreso dall’arte italiana della scorsa generazione.
Si tratta della Pittura analitica, una corrente cui si sono accostati artisti italiani, ma anche francesi e tedeschi, decisi a reagire ai dettami sostenuti dall’Arte concettuale che, proponendo il definitivo abbandono di ogni finzione rappresentativa, considerava il mezzo della pittura come assolutamente superato.
I seguaci della Pittura analitica invece – chiamata anche in altri modi, da Nuova pittura a Pittura pittura a Fundamental Painting – pur consci dell'importanza rivestita dall’analisi e dalla conoscenza esatta dei mezzi espressivi dell'artista, ma altrettanto convinti che la pittura avesse ancora molto da esprimere, dipingono in maniera per così dire "concettuale", cioè applicando alla pittura quella stessa analiticità che gli artisti concettuali applicavano nell’indagare da un punto di vista estetico altri aspetti del reale. In questo modo la pittura ottiene un duplice risultato: diventa essa stessa l'oggetto d'indagine dell'artista e perde ogni connotato di referenzialità, di riferimento naturalistico o anche semplicemente realistico. L'accento è posto da questi pittori sulla pratica pittorica e sui suoi meccanismi interni, ossia sulle relazioni tra gli elementi fondanti la pittura, quali superficie, supporto, colore, segno. La pittura non deve più rappresentare qualcosa per essere legittimata, ma è sufficiente che parli di se stessa, che indaghi il rapporto tra l'artista e la tela, e tra l’azione dell'artista e la traccia che di essa rimane.