27 settembre 2008 | 22 marzo 2009
a cura di Francesco Bonami
Francesco Bonami rilegge gli ultimi quarant’anni della creatività italiana rivisitandone la complessità in una grande mostra che comprende circa 180 opere di più di 100 artisti. Come spiega Bonami nel catalogo Electa, Italics prende il via da una domanda: com’è possibile che gli artisti italiani di fama internazionale si riducano a poco più di una ventina fra Fontana, Manzoni e Burri, artisti della transavanguardia e arte povera e star dell’epoca globale come Vezzoli, Beecroft e Cattelan? Il treno del contemporaneo italiano (la metafora è di Bonami) è stato in parte deviato su binari morti dagli scarsi investimenti in strutture museali, che sono stati i veri ‘spin doctors’ degli artisti nel mondo anglosassone, al contrario di quanto succede da noi dove il nuovo è stato promosso quasi unicamente grazie all’attivismo delle gallerie private. In parte, sempre secondo il vulcanico critico, il problema risiede in un’anomalia italiana e cioè la tendenza di critici e storici (Bonami cita Argan ma si potrebbe dire che il vizio risale al Vasari) di distinguere fra arte ‘giusta’ e ‘sbagliata’, privilegiando gruppi e famiglie a scapito di artisti che hanno operato seguendo codici personali. Da qui scaturisce la lettura ‘contro tendenza’ di Italics che sottolinea l’individualità dei singoli artisti e propone una panoramica sull’insieme dell’arte contemporanea con tutte le sue contraddizioni. Lettura che ha suscitato non poche polemiche e malumori fra critici e artisti esclusi o inclusi ma scontenti, con minacce di querele e il ritiro da parte di Kounellis dell’ opera Scarpette d’Oro perchè fuori contesto, secondo l’artista, in una mostra ‘revisionista’.
Insomma una bagarre all’italiana per una mostra che intende, spiega il curatore, far riflettere uscendo dai soliti schemi. Italics prende avvio dal 1968, anno di cambiamenti epocali per la cultura europea, riallacciandosi all’analisi di Germano Celant che al Guggenheim di New York nel ‘95 aveva organizzato la grande retrospettiva ‘Italian Metamorphoses 1943-1968’. Bonami sceglie un’ impostazione meno lineare e più rizomatica, mostrando come le radici della creatività italiana siano cresciute non secondo uno sviluppo lineare, ma in direzioni multiple e talvolta opposte e come temi comuni abbiano generato panorami creativi estremamente diversi. Dunque il percorso espositivo non segue un ordine cronologico, ma è organizzato per associazioni di temi e d’immagini e mette in evidenza la tensione fra conservazione ed innovazione che caratterizza l’ arte italiana dal novecento. In mostra sono presenti arte povera, transavanguardia, concettuale e pop italiano accanto ad Annigoni e De Chirico e ai giovani talenti promossi da Bonami, da Patrick Tuttofuoco a Simone Berti, Alice Cattaneo e Monica Bonavicini e molti altri, che saranno ‘esportati’ (e sdoganati, è stato detto, ma dov’è lo scandalo? Così fan tutti, e poi la funzione di un critico è anche anche quella di certificare nuovi talenti) al Museum of Contemporary Art of Chicago dove Italics approderà dopo il burrascoso debutto in laguna. La mostra si apre con l’Autoritratto/Fontana di Alighiero Boetti del ‘93, emblema della creatività con la sua testa fumante raffreddata da uno zampillo, ma anche amara riflessione sulla vita dell’artista, che morirà nel ‘95 di tumore al cervello.
Riflette sulla morte anche Maurizio Cattelan con l’installazione All (2008), nove corpi in marmo coperti da lenzuoli bianchi che invadono l’atrio di Palazzo Grassi, omaggio silenzioso a vittime senza nome. Di carattere opposto, personale ed intimo l’inno alla vita che si rigenera di Marisa Merz, con la sua delicata Fontana (2007), che gorgogliando ridà vita ad una rosa del deserto. La consapevolezza di se è un tema che attraversa trasversalmente l’arte italiana degli ultimi quarant’anni. Per Alighiero Boetti consapevolezza di se significa confronto con l’alterità: nella foto Gemelli del ’68 mostra per la prima volta il suo alter ego, gemello simile ma non identico, meditazione sull’identità che non è mai una. Salvo si cala nelle vesti di Raffaello, mentre il ritratto narcisistico e autocelebrativo Self Portrait The First (1979) di Francesco Clemente è accostato a quello malinconico di artista al tramonto di Pietro Annigoni dell’84, simile per atmosfera (quanto dissimile per linguaggio pittorico) ai tostissimi ritratti iperrealisti di Alessandra Ariatti. Malinconia anche per il video di Francesco Vezzoli con Franca Valeri, mentre un’interiorità fragile accosta l’installazione vagamente antropomorfa di Carol Rama Presagi di Birnam del 1970 fatta di camere d’aria di bicicletta accatastate (memento della morte del padre suicida dopo il fallimento della sua fabbrica di biciclette) ai disegni delle adolescenti diafane e inquietanti di Margherita Manzelli. Il diario dell’anoressia di Vanessa Beecroft è ancora più tremendo perchè raccontato con delicati disegni infantili. Più che malinconico è tristissimo ‘Bidibidobidiboo’ (1995), lo scoiattolino suicida nel mini tinello dell’infanzia di Cattelan, mentre La vedova blu di Pino Pascali, meraviglioso ragnone in pelouche blu è un omaggio kitch alle memorie d’infanzia che con il tempo ingigantiscono assumendo una dimensione onirica. Italics palesa non solo la pluralità dei linguaggi espressivi ma anche la profondità dei contenuti del ‘pianeta sommerso’ del contemporaneo italiano, che si è spesso fatto interprete dei conflitti socio-politici del nostro paese. Accanto alla monumentale tela I Funerali di Togliatti di Renato Guttuso (’72) che segna la fine di un’era politica (e artistica) il video sessantottino di Gianfranco Baruchello, reportage dello smembramento di un tacchino per la festa americana del Ringraziamento, commenta in modo sardonico la rapacità del colonialismo USA. Parlano di emergenza globale i monitor del filmato di Massimo Grimaldi Emergency (2008), collegati via internet ai siti delle crisi umanitarie nel mondo. Bellissimi i fotoreportage di Tano D’Amico e di Letizia Battaglia che documentano violenza e traumi sociali degli anni di piombo, fra protesta studentesca e delitti mafiosi. Di tutt’altro tenore le foto Contact del grande Basilico, che immortalano le tracce lasciate dal contatto di sedie su gloriosi sederi femminili. Attacca minuscole sedie ad altrettanto maestosi sederi Paola Pivi, parodiando il raffinato voyeurismo concettuale di Basilico con l’ironia dell’assurdo. Ben evidente in mostra è come l’ indagine di matrice fenomenologica, in tutte le sue declinazioni dell’esperienza percettiva di spazio, materia e tempo, sia stata una costante fondamentale della ricerca artistica italiana dagli anni settanta ad oggi. Emblematica in questo senso l’opera di Michelangelo Pistoletto che misura lo spazio con il suono nelle Trombe del Giudizio (1968) e che con il suo Cubic Meter of Infinity in a Mirroring Cube (’66-2007) crea un gioco di riflessi infinito, nel quale è lo spettatore ad attivare l’opera. Coinvolge lo spettatore nell’attivazione dell’opera anche lo Spazio Elastico di Gianni Colombo (67-68) installazione di luci e fili elastici che tesi a intervalli regolari divengono variabili che alterano la percezione, mentre Diego Perrone con la splendida Fusione della Campana (2008) trasforma la materia che si accartoccia e distende sotto sforzo in una raffinata ricerca formale. Declinano uno spazio più mentale le riflessioni pittoriche di Bonalumi, i cui quadri invadono la percezione tattile dello spettatore e quelle di Gnoli, che costruisce lo spazio come insieme di dettagli e frammenti. Crea un paesaggio visionario Patrick Tuttofuoco con le sue spettacolari torri dinamiche e luminose del 2002, che regalano una passeggiata immaginaria fra grattaceli ispirati alle metropoli d’Estremo Oriente. Definita da Bonami una mostra di ‘archeologia contemporanea’, Italics raggiunge pienamente, sempre che si sia disposti ad uscire da un certo dogmatismo, il suo obbiettivo: un’opera di recupero storico di una realtà artistica ricchissima ed estremamente articolata, capace di reinventarsi nel tempo in linguaggi sempre nuovi e che merita a pieno titolo una maggiore rilevanza internazionale.