Gérard Schneider. É il gesto che improvviso crea la forma

GAM, Bologna

29 novembre 2008 | 28 febbraio 2009 

 

 

La mostra focalizza la sua attenzione sulla produzione dagli anni Sessanta in avanti, una stagione che coincide con l’età matura del pittore che ha continuato per tutta la sua vita a sperimentare e a rinnovarsi giungendo a un linguaggio astratto informale molto personale

 

La Galleria d'Arte Maggiore G.A.M. di Bologna rende omaggio, a partire dalle ore 17.30 del 29novembre, a un grande artista, svizzero di nascita ma francese di adozione: Gérard Schneider. Particolare attenzione sarà posta da Franco e Roberta Calarota alla produzione degli anni Sessanta in avanti, una stagione molto produttiva che coincide con l'età matura del pittore, natonel 1896 e morto a novant'anni nel 1986, che ha così continuato per tutta la sua vita asperimentare e a rinnovarsi, giungendo a un linguaggio astratto informale molto personale,oggetto di profonde riflessioni da parte dell'artista.“Io non includo il contenuto in una forma, macreo la forma di un contenuto”. Dopo gli studi accademici all’Ecole des Beaux-Arts di Parigi negli anni Dieci ed averrespirato l'aria ricca di influssi seurrealisti, cubisti e, soprattuto, astratto-geometrici degli anniTrenta, Gérard Schneider incomincia a mostrare le sue qualità di pittore in seno alla cosiddettaJeune Ecole de Paris, un gruppo variegato di artisti tra cui compaiono anche Hans Hartung e PierreSoulages, con cui Schneider espone insieme nel 1947 ai Surindépendants.Inizia da qui ad emergere una caratteristica chiave di tutta la produzione successiva dell'artista: unapittura che rinuncia a qualsiasi riferimento naturalistico per costruirsi su un alfabeto fatto di solisegni e colori, che forti e decisi animano la tela e non cercano di delineare alcuna forma compiuta.Schneider elabora una personale concezione del gesto: il gesto artistico non deve essere figliodell'automatismo o del nonsenso, ma deve esistere in relazione a un impulso che provienedall'interiorità dell'artista e ne diventa quindi una puntuale registrazione, libera da qualsiasiriferimento a modelli precedenti e dalle limitazioni d'espressione che la figurazione porta con sé.Dopo il segno, anche il colore diventa elemento di riflessione per l'artista e acquista sempre piùimportanza e spazio nei suoi quadri: incominciano a comparire sulle tele fondi compatti, dalle tinteaccese e dirette. La forma che anima lo sfondo è tracciata con un pennello largo, materico, chesembra muoversi veloce, per brevi tratti. Il termine “astratto” acquista in pieno tutto il suosignificato, diventando la vera identità e sostanza dell'opera. Come si legge nel saggio di FlaminioGualdoni, contenuto nel catalogo della mostra, “l'astratto è sostantivo, non attributo”La fama internazionale arriva già nel 1948, anno in cui espone alla Biennale di Venezia, che loospiterà anche in altre edizioni successive. Tra le altre manifestazioni a cui partecipa vi sono dueedizioni di Documenta e la vittoria del Premio Lissone nel 1957. Tra le mostre vale la pena citare“The International” al Walker Art Center di Minneapolis, ma le sedi si moltiplicano velocemente:New York, Tokyo, Bruxelles, Barcellona, San Paolo e Buenos Aires per citarne alcune.Le sue opere oggi si trovano in sedi molto prestigiose: tra queste possiamo citare a Parigi il MuséeNational d’Art Moderne, il Musée d’Art Moderne di Bruxelles, la Kunsthaus di Zurigo, la GalleriaCivica d'Arte Moderna di Torino e la Galleria d'ArteModerna di Roma, il Musée d’Art Moderne de la Ville deParis, la Phillips Collection di Washington D.C. el'University of California di Los Angeles

29 Novembre 2008