25 ottobre | 20 dicembre
Note e accordi di rara eleganza e cadenze ritmiche inconsuete caratterizzano l'originale vocabolario visivo di Arutro Bonfanti, teso a scandagliare l’immaginario di astratte idealità con una pletora d’inaspettate invenzioni formali.
Come notava Luigi Carluccio nel 1977, il ritmo musicale è uno dei motivi conduttori dell’opera di Bonfanti, sempre animata da “un ritmo senza sbavature, senza riverberi, radicato a contorni netti, disegnato come una serie di segnali su un muro: una serie fatta in uguale misura di precisazioni categoriche e di fluidi suggerimenti”.[1]
Ma c’è di più, quella di Bonfanti è anche una pittura pervasa da una sottile, persistente vibrazione emotiva e da un accento insieme ironico e affettuoso. Una pittura, insomma che, per essere compresa, richiede l’attenzione di una sensibilità fine, preparata a cogliere nelle sue geometrie mobili e nel contrasto di forme e piani, di luci e colori, tanto il mistero mutevole e cangiante dell’esistenza, quanto quella, umanissima, incessante tensione verso una condizione di ritrovato equilibrio e imperturbabile armonia. (estratto dal testo di Ivan Quaroni, Equilibri e tensioni, Le partirure di Arturo Bonfanti, 2014)
[1] Luigi Coluccio, Arturo Bonfanti, in “Panorama”, a. XV, n. 572, 5 aprile 1977, Milano, p. 19.
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