"ogni segno, ogni traccia di colore, è esemplare di se stesso, non ha bisogno di essere enfatizzato, porta in sè la memoria e le suggestioni che l'uomo ha affidato nei secoli alla pittura [...] è la pittura stessa che diviene soggetto.
Il dialogo fra linea e colore è lasciato aperto, in qualche caso il segno definisce un confine del colore ma più spesso essi si mescolano e sovrappongono attraverso la forma delle pennellate.
Alla fine sulla tela rimane la traccia di un rito che sovrasta la identità dei segni e li trasforma in lineamenti e pelle di quella immagine globale costituita dalla tela dipinta.
Dunque è corretto che questa pittura rappresenti se stessa, il suo farsi piuttosto che le sue capacità di evocazione, che pur rimangono, felicemente inevitabili. E lo spettatore inciampa nelle tracce, si scontra con l'evento. Se c'è una vertigine, direi che questa è il risultato di un'opera riuscita.
Lo spettatore non è mai un soggetto passivo, non è un vaso nè un imbuto, senza di lui l'opera non esiste o tutt'al più sopravvive, giace, in attesa che arrivi qualcuno ".
Giorgio Griffa : Come un dialogo
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