Giuliano Barbanti : Asimmetriche armonie

22 Maggio - 11 Luglio 2014

La rassegna si può considerare a pieno titolo un'antologica poiché vuole essere un'indagine sulla produzione dell'artista ripercorrendo il lavoro di oltre quarant'anni. La prima personale di Giuliano Barbanti da Lorenzelli Arte (allora era ancora Galleria Lorenzelli) risale al 1975 e fu la prima di una serie di presenze in galleria dell'artista, con personali e collettive, che segnarono una duratura e proficua collaborazione. 

La principale costante del mio lavoro -afferma Barbanti in un'intervista dello scorso anno- penso che sia proprio l'amore per la pittura nella piena libertà di sperimentare tutto ciò che la mia sensibilità e le mie intuizioni ritengono necessarie per un possibile rinnovamento, nella salvaguardia della mia autenticità espressiva. 

Una ricerca che non vede mai un punto di arrivo ma solamente un inizio, il principio di una nuova indagine che va a scandagliare l'idea che genera il quadro con gli strumenti insiti nella potenzialità del colore e della struttura. 
Le tele esposte sono la rappresentazione della sua arte, esplicata nella bellezza del suo incessante procedere. 

Negli anni settanta L'artista era partito da una riduzione a zero del fatto pittorico con l'eliminazione del pesante impasto del colore ad olio, e il ricorso ad un medium estremamente freddo e impersonale come quello del colore acrilico spruzzato con l'areografo. Scriveva Gillo Dorfles nel testo per la mostra personale di Giuliano Barbanti del 1975. 

Negli anni ottanta entra nelle sue opere il colore che viene accolto dall'artista con sgomento nella presa di coscienza che riesce a dialogare con i toni grigi senza urlare, senza squilibrare ma anzi creando una nuova geometria. 


Dal 1992, abbandonando l'areografo, si dedica a superfici colorate e complesse, apice del colore e della strutturazione. 

Le opere di Barbanti possiedono oltre alla precisione compositiva una componente di enigmaticità dovuta alla relazione inquieta tra la costruzione geometrica e l'espansività percettiva della sfumatura. “Questo aspetto -racconta l'artista- mi è diventato ancora più chiaro quando all'interno di quelle superfici ho cominciato ad inserire alcuni elementi squilibranti che si sono subito rivelati dialetticamente “asimmetrici”: le dentellature che accentuavano gli stacchi, l'obliquità delle scansioni, il taglio di intensità delle campiture. In certo modo il precedente rigore riduttivo mi ha aiutato a muovermi con più sicurezza in questa nuova fase di ricerca, proprio perché, al di là del fatto percettivo, riuscivo ad individuare significazioni più pregnanti.”