In quest'occasione vengono esposte venticinque sculture realizzate principalmente in acciaio ossidato e acciaio patinato grafite, tutte datate tra il 1996 e il 2002.
Tra queste, si può ammirare lo studio della monumentale Porta Breda, che troverà collocazione nel Parco Archeologico della ex fabbrica Breda di Sesto San Giovanni, nel giugno 2003, ovvero: S.F. 74 porta Breda 2001, acciaio ossidato, cm.137x145x60.
Altre sculture presenti in mostra sono: S.F. 44 porta 1996, acciaio ossidato, cm.190x205x130; S.A.L. 1 1970-2003, alluminio verniciato, cm.330x60x91, realizzata in collaborazione con la ditta Alman S.r.l. di Monza; S.F. 70 torri di Ur 2000, acciaio ossidato, cm.124x65x65, e S.F. 92 pilastri 2002, acciaio ossidato, cm.49x40x24.
Si tratta, come è dato vedere, di opere recenti e altre del tutto nuove e appositamente concepite per questa esposizione.
In questa nuova mostra Michele Festa presenta i risultati di ulteriori approfondimenti attorno a temi lungamente frequentati e a lui cari come la "porta", la "stele" e il “pilastro”.
Temi che, come precisa Anna Finocchi nello scritto in catalogo: "confermano un principio di fondo che lega tra loro tutte le fasi" del percorso artistico dello scultore. E questo principio è appunto "la volontà di intervenire sullo e nello spazio piuttosto che di modellare forme, definire volumi".
Le opere di Festa rappresentano l'evoluzione di un percorso di lavoro e di scultura tra i più silenziosi, individuali, singolari ma anche atipici degli ultimi anni.
Per Festa il lavoro si pone, oggi più che mai, come ripensamento della scultura in termini di natura e proporzioni, e sempre in rapporto diretto con lo spazio, anche aperto e vasto.
Da qui il naturale ricostituirsi di un rapporto originale, ma diremmo anche originario e simbiotico, tra scultura e architettura, tra scultura e paesaggio urbano.
Ancora A. Finocchi osserva propriamente scrivendo di come "il pensiero di Festa sia un pensiero architettonico".
Un pensiero che ragiona in maniera attiva e propulsiva intorno allo spazio circostante. E questo stesso spazio, appunto, essenziale e insondabile, che permette ancora e più che mai alla grande scultura di esistere e di vivere.