Zoran Music: Paesaggi dell'io

25 Gennaio - 20 Marzo 2018

Con questo evento dedicato a Zoran Music, Lorenzelli Arte vuole dar continuità ad un ciclo di mostre dedicato al recupero dei grandi maestri del recente passato. Una volta di più la scelta è quella di andare controcorrente, smarcandosi dal mood di facili, scontate e superficiali riscoperte e bypassando epigoni e retoriche linguistiche. 

La rassegna è stata progettata insieme a Ida Barbarigo, moglie di Music, recentemente scomparsa, che ha contribuito con le sue memorie consentendo inoltre la pubblicazione in catalogo di un nucleo di immagini inedite. A lei, che ha condiviso col marito la passione per l'arte e le vicende culturali di mezzo secolo tra l'Italia e il resto d'Europa, è dedicata la mostra che propone un focus su un maestro indiscusso dell'arte del Novecento, tenuto negli ultimi anni in ombra dal mercato e dalla critica. 

La mostra pone l'attenzione sul periodo che va dalla fine degli anni Quaranta alla metà dei Sessanta presentando una quarantina di opere che documentano lo sviluppo del percorso dell'artista goriziano seguendo i grandi temi della sua pittura a partire dai Cavallini, che compaiono subito dopo le Vedute di Belgrado e Venezia realizzate alla fine degli anni quaranta, dopo la liberazione di Music dal campo di concentramento di Dachau e il suo ritorno a Venezia e alla vita di pittore. 

Vengono poi i Motivi Dalmati e i cicli dedicati alle Paysannes des îles e alle Colline senesi degli anni Cinquanta e quindi le opere in cui Music lambisce l'astrazione con i vari quadri intitolati Nel paesaggio vuoto che rappresentano luoghi isolati e che si possono considerare i diretti precursori della famosa serie Noi non siamo gli ultimi iniziato nel 1971. 

Scrive nel bel testo in catalogo Kosme de Barañano: “La figurazione di Music non cerca l'immagine dell'essere umano, ma la tenue ombra del suo esistere. Non fissa l'aspetto, come un ritratto di Velázquez, ma l'angustia dell'essere convertito in icona. Nasce dalla negazione, come le macchie di Goya. Il suo stile è basato su un fraseggio telegrafico, conciso, austero: poche linee sulla tela grezza, come solchi tracciati da una mano nella sabbia di un deserto senza fine. La pittura di Music, tragica e tenera a un tempo, è influenzata dall'arte bizantina e dal tratto energico dei Tintoretto o dei Goya che il pittore sloveno ebbe modo di ammirare al Prado tra il 1935 e il 1936”. 

La mostra è accompagnata da un catalogo bilingue con le riproduzioni a colori di tutte le opere esposte e, oltre al già citato contributo di Kosme de Barañano, un'antologia di testi critici che hanno supportato il percorso artistico di Music.